Isabella Balena

Nata a Rimini nel 1965, vive a Milano. Attenta e interessata ai problemi sociali ha scelto il fotogiornalismo come sua espressione di vita, dopo essere stata assistente di Gabriele Basilico; è professionista freelance dal 1991. Nel 1992 è segnalata nel Kodak Panorama Europeo dei giovani fotografi e nel 1994 viene selezionata per il primo Masterclass della World Press Photo Foundation a Rotterdam. Ha lavorato in molte aree di conflitto tra cui Iraq, Somalia, Kenya, ex Jugoslavia, Albania, Messico e sud America, India, l’area medio orientale. Dal 1996 al 1998 è stata fotografa del settimanale D-La Repubblica delle donne; ha realizzato molti progetti tra i quali Questa guerra non è miaCi resta il nome – I luoghi della memoria della Seconda Guerra Mondiale in Italia pubblicato da Mazzotta, Memoria dei campi per Isrec di Bergamo, A seno nudo. Ha partecipato a progetti collettivi tra i quali: Dixie-10 fotografi per Milano, Quotidiano al femminile, Oltrefamiglia, Voci nella città, La parola immaginata, Elementi urbani, Sismycity, Sinthesis, storie di persone e trapianti. Ha lavorato per Regione Sardegna e per Regione Lombardia. è stata membro dell’Agenzia Grazia Neri; attualmente lavora in maniera indipendente.

Contatti:

isabalena.photoshelter.com


PLEASE, DO NOT TRY TO CLOSE CURTAINS

“Per favore non cercate di chiudere le tende”
(… perché sono fisse), continuava la frase esposta in un bellissimo albergo scozzese.
Ho preso queste parole come titolo di questa serie di fotografie. Un lavoro in progress, perché ad ogni latitudine, fotografo finestre. Da dentro guardo fuori verso altri mondi, dall’esterno verso l’intimità degli interni. Il non chiudere le tende è un po’ come non chiudere gli occhi. Bisogna guardare il mondo, bello o brutto che sia.
ISABELLA BALENA 

 


Ci resta il nome

“When you go home, tell them of us, and say: For your tomorrow we gave our today” Kohima epitaph, Burma Memorial

Ho deciso di raccontare attraverso la fotografia, la memoria della seconda guerra mondiale in Italia, una storia lontana ma ancora attuale nelle divergenze politiche italiane e, soprattutto, nel dolore di chi ha vissuto direttamente o indirettamente quei fatti. Ho iniziato senza sapere cosa avrei trovato né dove questo lavoro mi avrebbe condotta. Poi, in tre anni di viaggi per l’Italia, tra il 2000 e il 2004, ho imparato a conoscere realtà e situazioni differenti. Ho cercato di interpretare la memoria attuale secondo il mio metro di conoscenza e di valutazione, restituendo con un’immagine fotografica attuale la suggestione di un luogo o di un fatto. Ho avuto la sensazione, a volte, trovandomi in grandi e piccole commemorazioni, che la mia macchina fotografica avesse la responsabilità di essere lì per qualcuno. E questa, in fondo, è l’interpretazione che io ho della fotografia, cioè essere in un certo luogo in un preciso momento per documentare e condividere con altri un qualcosa degno di essere ricordato. Una sorta di “obbligo del ricordo”, per citare Marc Augé. Il senso del mio progetto dovrebbe essere proprio questo: sollecitare lo sguardo di un visitatore odierno attraverso le immagini, invitandolo a riflettere sulla propria storia e a prestare attenzione all’esistenza attuale, divisa tra guerre infinite e necessità di giustizia. Avrei voluto dare voce a tutte le “piccole” storie personali che mi sono state raccontate. Ognuna di esse andava a riempire il mosaico della Storia più grande. Nell’economia di questo volume non era ovviamente possibile. La scelta di inserire certi luoghi e non altri, non è stata fatta solo in base all’importanza storica dell’avvenimento, ma piuttosto alla carica simbolica di ogni singola immagine, alla capacità di rendere meglio il senso di un luogo, di trasmettere la suggestione di un fatto. I morti non sono tutti uguali, soprattutto nel dolore di chi resta. Rimangono però i nomi, quelli sì, tanti, a milioni, diversi solo per provenienza, religione, schieramento sul campo di battaglia. Restano i nomi anche di quelli i cui corpi sono ignoti. Restano i nomi a memoria.

Nel 2007, il regista Marco Segato ne ha tratto un documentario prodotto dalla Jolefilm, con la partecipazione tra gli altri, di Mario Rigoni Stern (scrittore), Andrea Zanzotto (poeta), Joel Meyerowitz (fotografo), Daniel Libeskind (architetto), Marco Paolini (attore), Mario Brunello (musicista)
https://www.jolefilm.com/film/ci-resta-il-nome/